La tendenza della flash ovunque si sta trasformando in flash dove serve. Come adottare in modo ottimale la tecnologia lo suggerisce un esperto del settore
Oggi la tecnologia flash sembra trovare collocazione naturale nella struttura di storage e si sta gradualmente integrando con le esistenti tecnologie basate su dischi. Come spesso avviene con le nuove tecnologie, a una fase iniziale di assoluto entusiasmo si sta sostituendo un approccio più meditato basato su indicatori economici. In sostanza, l’entusiasmo sta tornando livelli quasi normali e a considerazioni sul suo uso realmente dove serve.
E’ un processo, osserva George Teixeira, CEO di DataCore, che dimostra che la tecnologia flash, anche se riconosciuta come capace di cambiare le regole del gioco, ha bisogno di essere utilizzata in modo più pratico e essere adeguatamente integrata con le tecnologie a disco esistenti.
Flash si, ma con attenzione
Va infatti considerato che la flash si è dimostrata una tecnologia eccellente laddove si ha a che fare con carichi di lavoro specializzati che richiedono elevate velocità di lettura, come nei database, ma non una soluzione conveniente per tutti i carichi elaborativi. Per questo al momento costituisce ancora solo una ridotta percentuale dello storage installato complessivo.
Al capo opposto, i dischi fissi SATA a basso costo continuano, osserva il manager, a migliorare anche grazie all’utilizzo di tecnologie come quelle basate sull’elio che permettono di sviluppare dispositivi in grado di supportare capienze di fino a 10 TB per unità, ma non vantano prestazioni elevate e sono quindi più lenti.
In sostanza, i produttori si sarebbero a lungo cullati nell’illusione che le aziende clienti arrivassero a un utopico 100% di tecnologia flash, ma in realtà questo non si sta verificando e forse è del tutto impossibile a causa dei costi elevati e delle dimensioni della base installata, una realtà con cui si deve fare necessariamente conto soprattutto in periodi critici come l’attuale. Quello che sembra mancare è anche un software in grado di unificare il mondo della flash con quello esistente, e in continua evoluzione, dei dischi.
Il mercato delle unità SATA, osserva ancora Teixeira, grazie al loro costo contenuto, non ha rallentato ed è quindi indispensabile trovare il giusto bilanciamento tra le tecnologie flash e SATA per sfruttare al massimo gli investimenti in storage aziendale utilizzando efficacemente tutte le risorse disponibili.
La soluzione nel software defined storage e risorse in pool
Un aiuto nell’affrontare e risolvere il problema viene dal software defined storage. Il software-defined storage consolidato e di terze parti considera entrambe le tecnologie semplicemente come contenitori di dati ed è in grado di applicare una suite ampia di servizi di storage sia alle unità flash sia a quelle SATA. Ad esempio, permettendo di creare e condividere facilmente pool di storage utilizzando la flash interna e lo storage su disco disponibile sui server o integrando flash e dischi installati separatamente.
In pratica, il software-defined storage si prospetta in grado di integrare e ottimizzare le diverse tecnologie basate su flash e i diversi dispositivi a disco nell’ambito di implementazioni di SAN virtuali o all’interno dell’infrastruttura globale di storage. Il software-defined storage può infatti riunire entrambi i mondi e costituire la chiave per l’unificazione dei dischi esistenti, di quelli nuovi e delle tecnologie flash.
Attenzione alle isole separate
Nello storage è anche indispensabile, ha spiegato Teixeira, fare attenzione per non creare isole diverse e separate. Ogni dispositivo flash ha il proprio stack di funzionalità esclusive, ma che cosa succede quando sistemi diversi devono lavorare insieme? Questi stack software indipendenti e diversi creano “isole di storage separate“, ovvero quello che si è cercato di evitare nell’ultimo decennio.
Le SAN virtuali, i sistemi convergenti e i dispositivi flash hanno però continuato a espandersi, creando un numero sempre maggiore di macchine che vanno gestite individualmente e che si traduce in isole indipendenti di storage all’interno dell’organizzazione IT.
La capacità di unificare e federare queste isole di storage, trattando ognuno di questi scenari come caso esemplificativo di architettura unificante di software-defined storage, può essere d’aiuto per risolvere questo problema, spingendo tutta l’azienda verso una convergenza gestionale e funzionale. Il risultato è che i sistemi di storage una volta isolati – da flash e dischi installati nei server alle batterie SAN esterne, fino allo storage su cloud pubblica – possono diventare parte di un pool virtuale accessibile da tutta l’azienda e organizzato su livelli determinati dalle caratteristiche specifiche delle varie tipologie di storage. Marchi di storage diversi, sistemi convergenti stand alone e SAN virtuali e sistemi di storage esterni dipendenti dall’hypervisor non esistono più come “isole”, ma possono essere integrati in un’infrastruttura globale di storage.
L’amministratore di sistema, in un tale scenario, può così più facilmente mettere a disposizione la capienza, massimizzare l’utilizzo delle risorse e impostare policy di alto livello per permettere al software di selezionare dinamicamente il livello di storage e i percorsi più appropriati per raggiungere le prestazioni e la disponibilità desiderati.
George Teixeira
Lo stato di fatto della tecnologia flash
Ma quanto è diffusa l’adozione della tecnologia flash nei data center? In un recente Global Survey su 500 professionisti IT realizzata da DataCore in aprile di quest’anno, ha illustrato Teixeira, oltre la metà degli intervistati (53 per cento) ha evidenziato di avere attualmente meno del 10 per cento della capacità allocata su storage flash.
Il numero dei partecipanti che ha dichiarato di avere oltre il 40 per cento del suo storage su questa tecnologia è risultato limitato (si fa per dire, viene da far presente a Teixeira, visto che si tratta tutto sommato di una tecnologia abbastanza recente) al 9 per cento.
Un altro dato che testimonierebbe lo stato di fatto della tecnologia flash è che anche se la sua adozione appare in crescita, questa tecnologia è ancora assente nel 28 per cento dei casi, mentre il 16 per cento degli intervistati ha dichiarato di non avere raggiunto l’accelerazione delle prestazioni prevista.